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La difesa di Iovino: «Non sapevo chi fosse Bellarosa e non ho dato seguito alle sue richieste»

L’ex capogruppo Pd racconta l’incontro con il ras dei D’Alessandro: «Fu casuale. Ma ho sbagliato a non denunciare»

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«Ho sempre combattuto la camorra e il malaffare. Quando ho incontrato Bellarosa non sapevo chi fosse. E’ avvenuto tutto per caso, tant’è che abbiamo parlato in pieno centro cittadino». Inizia così il lungo intervento di Francesco Iovino, ex capogruppo del Pd tirato in ballo nelle intercettazioni dell’inchiesta Cerbero. Non è indagato, ma è finito comunque al centro delle polemiche. Tanto che il Pd l’ha deferito e sta valutando l’espulsione dal partito.

Ma è tranquillo Iovino. Nella sua difesa – durante la conferenza stampa nella sede del sindacato Fials di cui è rappresentate sindacale – racconta la vicenda che l’ha visto coinvolto: «Quando sono uscite le prime voci sulla stampa, avevo escluso che si potesse trattare di me. Avevo rimosso completamente quell’incontro, avvenuto in maniera causale, ma poi ho fatto mente locale e ho ricostruito. Non conoscevo Bellarosa, ma avevo una conoscenza di strada con il figlio. In quell’incontro ho cercato di sviare il mio interlocutore, tant’è vero che poi non c’è stato seguito a quelle richieste».

Iovino, però, davanti agli occhi dei suoi familiari, ammette: «Ho sbagliato, avrei dovuto denunciare, ho commesso un errore di inesperienza. Ora però voglio essere giudicato per quello che ho fatto, non per quello che non ho fatto. I miei elettori possono stare tranquilli: ho sempre combattuto la camorra e il malaffare».

Ma non esclude frecciatine al suo partito e in particolare all’ex riferimento Mario Casillo: “Mi sono autosospeso dal Pd per il profondo rispetto che ho sempre avuto per il partito, ma in questo Pd c’è chi utilizza due pesi e due misure (riferendosi proprio a Casillo, anche se non fa nomi). Non sono indagato e ho sempre tenuto lontano la camorra da me. A differenza di tanti, io ci sono sempre stato anche non condividendo la linea politica del partito. Così come non ho mai voluto sostenere accordi per l’ultimo congresso cittadino. Ho denunciato gli affidamenti diretti dell’amministrazione Cimmino e sono tutti nella relazione della commissione d’accesso. Mi prendevano in giro nel mio partito, dicevano che era un fatto superato. Ma ho avuto sempre ragione. Ma sono sempre stato abbandonato, trovando con me solo il collega Tonino Scala». Ma Iovino rifiuta l’ipotesi di lasciare il partito: «Io resto sempre qui, anche se per il momento dovrò occuparmi dei lavoratori dell’ospedale e rappresentarli, visto che sono stato eletto risultando colui che ha incassato più preferenze».

Poi ritorna a quella fase vissuta nel 2014, a quando risalgono le intercettazioni e quell’incontro con Bellarosa. Al timone c’era Nicola Cuomo, il sindaco poi sfiduciato anche da Iovino: «Il sindaco Cuomo è stato sfiduciato per motivi politici, l’assemblea del Pd all’epoca ha fatto sua la mia posizione contraria alla liquidazione di Sint. Pannullo, invece, è stato sfiduciato anche lui per la mancata liquidazione di Sint e per l’housing sociale. Ho sostenuto sempre quanto ha detto pubblicamente e le sue denunce contro la camorra, presentate in Prefettura, Commissione antimafia e Dda».

Non poteva mancare l’inchiesta Olimpo, che ha visto coinvolto il padre Gennaro (la sua posizione è stata archiviata), ex sindacalista Asl, per la vicenda Cirio. Il motivo per cui Iovino ha rotto un sodalizio antico con Mario Casillo. D’altronde è lo stesso consigliere ad ammetterlo: «Con Casillo la rottura è avvenuta proprio dopo la vicenda Olimpo. Fu Casillo, come si evince dalle intercettazioni, a concordare un incontro con Adolfo Greco. E voglio precisare che non ho mai avuto rapporti economici con il figlio di Greco, che ho conosciuto in consiglio comunale, né conosciamo ditte elettriche di cui tanto si è parlato in seguito alla rivelazione di quelle intercettazioni. In ogni caso la posizione di mio padre è stata stralciata, ma si continua a parlare sempre delle sue vicende giudiziarie che non è mai sceso a patti con la camorra. Trent’anni fa è stato accusato di reati contro la pubblica amministrazione ed ha pagato il suo debito con la giustizia. Non è giusto tirare in ballo sempre le stesse storie, anche perché con altri personaggi del panorama politico stabiese questo non avviene».

Daniele Di Martino

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