Cronaca
Datteri di mare, sgominati due gruppi di pescatori di frodo: coinvolti anche stabiesi. VIDEO

Indagini che coinvolgono oltre 100 persone, misure cautelari per 12. Diversi anche gli stabiesi
Cariche esplosive, molto simili a bombe, e martelli pneumatici usati nei fondali marini. E poi martelli, asce e coltelli. Per estrarre i datteri di mare dalle rocce dei faraglioni a Capri, ma anche lungo le coste di Napoli e fino agli scogli detti I due fratelli di Vietri sul Mare. E’ questo quanto emerge dall’indagine durata tre anni che oggi ha consentito al Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Napoli di notificare a 19 misure cautelari ad altrettanti indagati.
Due gruppi di pescatori di frodo di datteri di mare, per gli inquirenti con modalità organizzate e professionali, specializzati nella raccolta indiscriminata nel golfo partenopeo, isole comprese, arrivando a danneggiare il 48% della superficie sotto acqua dei faraglioni di Capri. Questa prelibatezza che arriva a costare a Natale anche 200 euro al chilo nel mercato illegale, è protetta da diverse convenzioni internazionali e direttive comunitarie, e a livello nazionale il divieto di cattura, detenzione e commercializzazione risale al 1988.
Estrarli dalla roccia causa infatti un irreparabile danno all’ecosistema sottomarino, sia per la frantumazione necessaria a estrarre i pregiati molluschi, sia per il fatto che questi necessitano di almeno 30 anni per incunearsi nella roccia calcarea e raggiungere una maturità che li rende appetibili.
I due gruppi avevano legami con i clan, che proprio del consumo di datteri di mare fanno uno status symbol, non estranei alla collocazione del ‘prodotto’ in pescherie e ristoranti compiacenti. Tra le due organizzazioni, per gli inquirenti, c’era anche un rapporto di mutua assistenza per procacciare i datteri di mare, specie nei periodi di maggiore domanda. I componenti delle due bande si occupavano del prelievo, con la contestuale distruzione di interi tratti di scogliera campana, e della successiva commercializzazione, persino a una variegata clientela, composta anche da esponenti di famiglie malavitose napoletane. Sono 19 gli indagati destinatari di una misura cautelare emessa dal gip Egle Pilla, ma sono almeno 100 le persone individuate nel corso delle indagini, a vario titolo attive nel mercato nero del dattero di mare.
Due le associazioni, una napoletana e l’altra stabiese-caprese, che commercializzavano questo frutto di mare. La Guardia di Finanza ha anche sequestrato tre locali commerciali, tra Napoli e Castellammare di Stabia, dove i datteri venivano nascosti prima dell’immissione in commercio.
Danni per il 48% delle pareti sottomarine
I pm si sono avvalsi anche di un gruppo di esperti, tra cui Un gruppo di esperti, coordinati dal professor Giovanni Fulvio Russo e da Marco Sacchi dell’Ismar-Cnr, per comprendere cosa avveniva sotto l’acqua. I faraglioni, per i periti, hanno subito danni per il 48% delle loro pareti sottomarine. Il volume di affari dei due gruppi, uno napoletano e l’altro tra Castellammare di Stabia e Capri, era grande, visto che i datteri costano dai 40 ai 200 euro al chilo e che due dei capi del gruppo napoletano in pochi mesi hanno commercializzato 8 quintali di questo prodotto illegale ma molto ricercato. In una intercettazione, poi, uno degli indagati si vantava di aver guadagnato in pochi mesi 20mila euro. Un dattero di mare impiega 30 anni per incunearsi nella parete e diventare appetibile. L’indagine che abbraccia un arco temporale di tre anni, è stata complessa da un punto di vista anche normativo, dato che applica per la prima volta in un contesto marino quel capo di imputazione, e comunque non è ancora conclusa.
I reati contestati sono associazione a delinquere aggravata, perché finalizzata alla consumazione di delitti ambientali, inquinamento e disastro ambientale, danneggiamento e ricettazione. L’ordinanza dispone inoltre il sequestro preventivo di tre locali commerciali, a Napoli ed a Castellammare di Stabia, dove i datteri venivano occultati e poi immessi in commercio, il sequestro del profitto derivante dalla vendita del prodotto illegale, il sequestro di due natanti utilizzati dagli indagati per recarsi sui punti di prelievo della specie protetta, nonché, infine, di tutto lo strumentario adoperato per compiere materialmente l’attività.
Il commento di Legambiente. “Un plauso alla procura e forze dell’ordine. Siamo davanti a una emergenza ambientale e a una industria dell’illegale con un elevato giro d’affari che genera un danno incalcolabile all’ecosistema marino, pirati che senza scrupoli distruggono le coste piùbelle dei nostri mari. Un appello ai consumatori: ordinare al ristorante un piatto di linguine ai datteri o comprarne in pescheria è illegale e rende complici di un grave reato ambientale. Solo se si elimina la domanda si mette un freno a questo assurdo commercio”. Lo precisa in un nota Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania, con Nabil Pulita, di Legambiente Isola di Capri. Stime dell’associazione ambientalista indicano che ogni piatto di pasta con datteri di mare richiede la distruzione di 16 molluschi, equivalenti a un quadrato di fondale di 33 centimetri di lato. Un dattero raggiunge 5 cm di lunghezza dopo circa 20 anni, e la crescita cosi’ lenta costringe i datterai a cambiare luogo di raccolta continuamente, distruggendo ettari di fondale, riducendo nel contempo la possibilità di produzione di nuove larve. Ogni anno l’azione di pesca di un datteraio può desertificare fino a 2.400 metri quadri di fondale, oltre 7 ettari quella di 30 datterai. In pratica, una fascia di costa di 5 km, per una profondità di 15 metri, ridotta a deserto. (VIDEO)
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