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Il ricordo di Castellammare e della Juve Stabia, i tanti gol in carriera e la sua nuova vita con i giovani calciatori: Alessandro Ambrosi, bomber dentro e fuori dal campo

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Alessandro Ambrosi, intervenuto in diretta su “Zona Stabia”, ha raccontato la sua nuova vita con i giovani

Nella storia della Juve Stabia alcuni calciatori resteranno per sempre nella mente, ma soprattutto nel cuore, di tutti i tifosi gialloblu’. Uno di questi è senz’altro Alessandro Ambrosi, attaccante di primissimo livello che ha siglato tantissime reti tra Serie B, Serie C1 e Serie C2. Ha sempre lasciato il segno, in ogni piazza in cui ha militato. Ma a Castellammare, in sole due stagioni, è entrato nel cuore degli stabiesi. 42 presenze condite da 21 gol. Precisamente un gol ogni due partite, media da bomber assoluto. Il gol, però, per lui non è mai stato un problema. In carriera ne ha segnati tanti, belli e importanti. Ha vinto qualche campionato e ha lasciato il segno anche con la nazionale Universitaria italiana, con la quale ha vinto un oro alle Universiadi disputate in Italia nel 1997. Insomma, una carriera di tutto rispetto per Ambrosi.

Ma forse, il gol più bello, lo ha segnato a fine carriera. Alessandro oggi ha 49 anni, si è ritirato dai campi di calcio da circa un decennio, ma ha continuato a lavorare in questo mondo. Ha un centro sportivo tutto suo, ha collaborato con l’Accademy della Juventus, ma soprattutto ha fondato delle accademie di calcio all’estero, in Tanzania e in Svezia. Lo ha dichiarato ieri sera durante la trasmissione “Zona Stabia” e il suo è stato un intervento davvero prezioso. Oltre a ricordare Castellammare con tanto affetto e amore, Alessandro ha toccato temi fondamentali per il nostro sistema calcistico. Molto spesso in Italia si parla di far crescere e lanciare i giovani nel mondo del calcio, di educarli e allenarli per poi affrontare quello che è un mondo difficile e pieno di insidie. Ma tutte queste parole, spesso, non sono accompagnate dai fatti. Servirebbero più Alessandro Ambrosi nel sistema calcio italiano. Uomini di sport con tanta voglia di fare. Con la voglia di lasciare un segno per tanti ragazzi che sognano un giorno di poter diventare calciatori.

Bellissima la sua testimonianza sul suo intervento effettuato in Africa e in Nord Europa. Un concetto fondamentale espresso da Ambrosi: “Il lavoro sul campo è tutto, solo così si possono raccogliere i risultati con i ragazzi. Ma i risultati non sono le vittorie dei campionati giovanili, in Italia i settori giovanili sono troppo sottovalutati”. Questo passaggio dovrebbero leggerlo tutti quei fenomeni che bazzicano sui nostri campi e lavorano con i più giovani: a cosa serve vincere un campionato giovanile? Il compito degli istruttori non è assolutamente questo, ma preparare il ragazzo fisicamente, tecnicamente, tatticamente ma soprattutto psicologicamente ad affrontare il mondo del calcio.

“Creare una cultura calcistica, i talenti sono un dono di Dio, non li scopro certo io o qualche altro osservatore”. Altro passaggio chiave: la cultura. Ragazzi talentuosi in giro per il mondo ce ne saranno a milioni, ma quanti sono disposti a sacrificare l’adolescenza per inseguire un sogno? Pochi. Ed ecco che entra in gioco la cultura. Il compito di Ambrosi, come raccontato a Zona Stabia, è questo. Non scovare talenti, ma allevarli, allenarli e farli avvicinare concretamente al mondo del calcio. Perché poi torna il discorso sul lavoro: il talento con cultura e lavoro si trasforma in un giocatore eccezionale. Lionel Messi e Cristiano Ronaldo, gli attuali giocatori più forti del mondo, sono diventati tali non solo per il loro talento. Hanno lavorato tanto sul campo, 20 anni per essere precisi, per arrivare a quei livelli. E questo discorso potrebbe valere per tutti i più grandi della storia di questo sport.

Spettacolare, poi, l’aneddoto sulla sua prima esperienza in Tanzania con il Camp della Juventus prima di fondare l’Accademy. In un territorio così complicato come quello africano, dove le risorse primarie scarseggiano e dove il calcio, purtroppo, non può essere argomento principale, Alessandro Ambrosi ha raccontato quanta passione e voglia abbiano i ragazzi lì nonostante le tante difficoltà: “I ragazzi giocavano scalzi su un sintetico a 50 gradi, ma avevano entusiasmo perché guidati da noi in un certo modo. Questa iniziativa ha avuto un successo straordinario”. Calcio allo stato puro, il ragazzino senza scarpette, senza alcuno strumento, senza fondamentalmente nulla, ma con la testa sognante e il cuore ricolmo di amore verso questo sport. Ecco perché il mondo del calcio avrebbe bisogno di gente come Alessandro Ambrosi. Un uomo di calcio, ma soprattutto un uomo buono che ha a cuore il futuro dei ragazzi. Il futuro del calcio. Lunga vita ad Ambrosi e lunga vita al calcio vero.

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